Tutto sulla lattasi e i consigli per una dieta priva di lattosio
Quella al lattosio è una delle intolleranze più diffuse a livello mondiale. C’è chi sopporta un bicchiere di latte, altri reagiscono già a piccole quantità. Un’intolleranza al lattosio non mette a rischio la vita, si manifesta con intensità diversa, spesso senza sintomi significativi mentre altre volte provoca una serie di disturbi spiacevoli e limitanti. E la causa principale si chiama lattasi.
In questo articolo andremo alla scoperta dell’enzima della lattasi, analizzando qual è il suo ruolo nell’intolleranza al lattosio. Inoltre, scopriremo insieme alcune valide alternative in cucina per chi soffre di questa intolleranza.
Lattasi: cos’è
La lattasi è un enzima necessario per la digestione del lattosio, lo zucchero contenuto in latte e derivati. Questo enzima viene prodotto naturalmente dal nostro organismo sin dal momento della nascita: tutti i neonati ed i bambini piccoli possiedono una certa quantità di lattasi per poter digerire il lattosio presente nel latte materno.
Non appena inizia lo svezzamento, la produzione di lattasi diminuisce, e circa il 75% della popolazione mondiale perde l’attività enzimatica della lattasi nei primi anni di vita. Soltanto una parte della popolazione adulta – quella di razza caucasica – tollera lo zucchero del latte grazie ad una mutazione genetica ereditata.
A cosa serve l’enzima lattasi
La lattasi è un catalizzatore di processi biochimici: interviene infatti per facilitare reazioni chimiche. Nel dettaglio, la lattasi serve per facilitare la metabolizzazione del lattosio, uno dei principali zuccheri del latte.
Il processo avviene all’interno del duodeno tramite idrolisi, cioè facendo reagire una molecola di lattosio con una di acqua. Il risultato è la scissione del lattosio in glucosio e galattosio, monosaccaridi, cioè zuccheri semplici, che possono poi essere facilmente assorbiti dal nostro organismo.
L’enzima lattasi, quindi, è importante per la digestione di tutti quegli alimenti che contengono lattosio. Come suggerisce il nome, il lattosio è contenuto principalmente nel latte, in cui rappresenta circa il 98% di tutti gli zuccheri presenti, sia esso latte vaccino, di capra, o di altri animali, e in tutti i suoi derivati. Il lattosio è presente anche nei latticini: yogurt, formaggi freschi e stagionati, panna, burro, ma non solo. Nell’industria alimentare, infatti, il lattosio è tra le sostanze abitualmente utilizzate come additivo, come dolcificante o per altri usi.
Abbiamo già visto che solo una parte della popolazione mondiale continua a produrre la lattasi anche in età adulta, mentre è normale interrompere l’attività enzimatica e non riuscire a digerire il latte.
Chi mangia fuori casa e desidera non dover fare attenzione ai cibi che contengono lattosio può assumere prima del pasto l’enzima lattasi sotto forma di integratore alimentare, in capsule o compresse. Questo enzima artificiale, migliorando la digestione del lattosio, funziona come quello prodotto dal corpo e dunque la sua assunzione non presenta effetti collaterali.
Carenza di lattasi e intolleranze
Alla carenza di lattasi è strettamente legata l’intolleranza al lattosio. È una delle intolleranze alimentari più diffuse: in Italia circa il 40% della popolazione ne soffre.
Nella maggior parte dei casi, l’intolleranza al lattosio è causata proprio dalla progressiva riduzione nella produzione dell’enzima lattasi. È rara la forma congenita, che si manifesta sin dalla nascita: i neonati che ne sono affetti devono essere alimentati con latte formulato appositamente senza lattosio. Esiste anche un tipo di intolleranza secondaria, provocata da alcune infezioni gastrointestinali, come giardia e rotavirus, e che tende a regredire dopo qualche mese dalla guarigione.
L’intolleranza comporta svariati disturbi, in quanto il lattosio, anziché essere digerito, rimane nell’intestino tenue e subisce un processo di fermentazione. La gravità dei sintomi è variabile e dipende anche dalla soglia di tolleranza di ciascuna persona: alcuni provano solamente un po’ di disagio, altri hanno problemi piuttosto seri.
Le manifestazioni tipiche dell’intolleranza al lattosio sono gonfiore, crampi addominali, dolori, meteorismo, diarrea, nausea e flatulenza. La dermatite non è uno dei segnali di intolleranza al lattosio, bensì di allergia alle proteine del latte vaccino.
Alla persistenza di questi sintomi, l’intolleranza può essere accertata tramite il Breath test (test del respiro all’idrogeno). Questo esame si realizza nell’arco di qualche ora, facendo soffiare all’interno di una cannuccia il proprio respiro dopo aver assunto, almeno mezz’ora prima, un liquido a base di lattosio. Se nel respiro verranno notate tracce di idrogeno, significa che il latte non è stato digerito e che ha fermentato nello stomaco creando gas.
Successivamente alla diagnosi, l’unico modo per evitare i disturbi consiste nel ridurre o eliminare del tutto dalla propria dieta gli alimenti contenenti il lattosio. Alcuni soggetti sono in grado di digerire una limitata quantità di questo zucchero, quindi dovranno solo fare attenzione a non superare tale soglia di tolleranza del lattosio.
In base alle statistiche effettuate, infatti, la maggioranza delle persone intolleranti al lattosio può assumere dai 5 ai 10 g di questo zucchero in una singola dose. Ciò significa che essere intolleranti al lattosio non obbliga necessariamente a eliminare tutti i cibi che lo contengono: viene prescritta una dieta a esclusione che dura alcune settimane, a cui segue poi una graduale reintroduzione del lattosio, fino alla soglia massima tollerata.
Nei casi più gravi, invece, è importante imparare a riconoscere i prodotti in cui si trovano tracce di lattosio ed eliminarli definitivamente dalla propria alimentazione. Un’impresa non sempre facile, dal momento che oltre a latte e derivati, il lattosio può nascondersi nei cibi confezionati, nei brodi, nei prodotti da forno, nelle caramelle e in alcuni tipi di carne. E fate attenzione anche ai farmaci in quanto potrebbero contenere piccole quantità di lattosio.
Per i soggetti intolleranti al lattosio è anche indispensabile trovare delle fonti alternative per far fronte alla carenza di calcio e di vitamina D, necessarie per lo sviluppo e il benessere del nostro apparato scheletrico.
Leggi la nostra guida all’etichettatura per riconoscere i prodotti senza lattosio.
Le alternative in cucina per l’intolleranza al lattosio
A prescindere dalla gravità dell’intolleranza al lattosio, non tutti i latticini sono tabù per i soggetti intolleranti. Per esempio, lo yogurt in genere non rappresenta un problema per chi non digerisce il lattosio, perché gran parte di questo zucchero viene trasformato in acido lattico attraverso il processo di fermentazione attivato dai batteri. E per chi può tollerare solo una minima quantità di lattosio, ma vuole comunque consumare yogurt, esistono le versioni realizzate con latte delattosato, più leggero e digeribile.
Nei formaggi, la quantità di lattosio è determinata anche dalla stagionatura: meno sono stagionati, maggiore è la concentrazione di lattosio. Questo perché durante il processo di stagionatura il lattosio si trasforma in acido lattico e, di fatto, scompare o rimane in quantità irrisorie. Ecco perché formaggi come il parmigiano, la gruviera o il gorgonzola sono tollerabili anche da chi soffre di scarsa produzione di lattasi.
A differenza di mozzarella e ricotta, che sono ricchi di lattosio, altri formaggi come caprino, feta e brie hanno ridotto contenuto di questo zucchero e sono ricchi di batteri lattici, i quali hanno la capacità di scindere il lattosio. Possono quindi essere ben tollerati da chi ha carenza di lattasi. E anche tra i formaggi freschi ci sono prodotti come stracchino e mascarpone, ad esempio, che hanno una concentrazione molto bassa di lattosio.
La regola generale per chi soffre di intolleranza al lattosio è di verificare sempre i valori indicati nelle confezioni per essere sicuri e, soprattutto, consultare un medico o un nutrizionista per stabilire una dieta equilibrata e sicura da seguire.
Una valida alternativa al latte sono le bevande vegetali: di soia, di mandorle, di riso o di cocco. Il “latte vegetale” fa una concorrenza sempre maggiore al latte vaccino e incontra il gusto di molti consumatori. Può essere utilizzato in cucina, per preparazioni sia dolci che salate, e se ne trovano diverse varianti arricchite con calcio e vitamine.
E per chi vuole gustarsi un cappuccino o un gelato, ma non ama le alternative vegetali? Da diversi anni è in commercio il latte senza lattosio, prodotto per rendere questo alimento più digeribile senza dovere rinunciare al piacere del latte. Come viene ottenuto il latte senza lattosio? Il processo è semplice, e prevede l’azione di alcuni enzimi volti a ridurre significativamente il contenuto di lattosio. In alcuni casi vengono utilizzati dei filtri a membrana in grado di isolare il lattosio e rimuoverlo, rendendo il prodotto adatto anche a chi non digerisce il latte.