Scopri cosa sono le intolleranze alimentari e in che modo si differenziano dalle allergie
Le intolleranze alimentari sono divenute, negli ultimi decenni, sempre più comuni in tutto il mondo, ed è sicuramente un fenomeno più presente nei paesi industrializzati (si stima che in Europa ne soffra il 2-4% degli adulti e il 6% dei bambini). Accanto a una maggiore incidenza di questi disturbi c’è sicuramente un elemento in più, ovvero la sempre più precisa metodologia diagnostica che attraverso test e analisi di laboratorio porta a una più sicura diagnosi.
Attualmente, non esiste una cura per questo disturbo e l’unica possibilità per gestire le allergie o le intolleranze alimentari è evitare il consumo dei cibi che le scatenano. Ecco perché i migliori alleati della prevenzione di allergie e intolleranze sono l’informazione e la consapevolezza sui possibili allergeni nascosti nei prodotti alimentari.
La confusione spesso è molta quando si affronta questo tema, perché non sempre è facile distinguere tra allergie, intolleranze e altri tipi di patologie come il favismo, un tipo di anemia ereditaria caratterizzata dalla carenza di un enzima detto glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD). L’anemia che ne consegue viene detta emolitica, in quanto i globuli rossi carenti vengono danneggiati e distrutti se esposti a infezioni o a diversi agenti come sostanze chimiche, farmaci o, appunto, alle fave.
Proviamo a fare chiarezza andando a definire cosa sono le intolleranze alimentari, come si differenziano dalle allergie alimentari, quali sono le più comuni e quali sono cause e sintomi per imparare a riconoscerle.
Intolleranze alimentari: cosa sono
Prima di approfondire il tema delle intolleranze, e per chiarire cosa sono queste ultime, è bene analizzare la differenza tra queste e le allergie alimentari.
In soggetti predisposti, alcuni alimenti specifici o componenti di alimenti possono causare una reazione avversa quando ingeriti. Queste sono tipicamente classificate come allergie alimentari (cioè reazioni che coinvolgono il sistema immunitario) o intolleranze alimentari (cioè reazioni che non coinvolgono il sistema immunitario).
Un’allergia alimentare si verifica quando un allergene (cioè una proteina di un alimento, che nella maggior parte delle persone non produce una reazione avversa) innesca una catena di reazioni riproducibili che coinvolgono il sistema immunitario. Le reazioni possono essere sia anticorpali che cellulo-mediate. Quelle del primo tipo sono più comuni e si verificano in due fasi: sensibilizzazione e reazione, con rilascio di istamina. Queste reazioni provocano i classici sintomi allergici (prurito, gonfiore, eruzioni cutanee, asma). In molti casi le reazioni sono immediate ma possono richiedere diverse ore per svilupparsi.
Le intolleranze alimentari, invece, non coinvolgono il sistema immunitario e vengono anche chiamate “ipersensibilità non allergiche al cibo”[1]. Le intolleranze alimentari possono essere classificate come enzimatiche (ad esempio dovute a una mancanza di un enzima come la lattasi, che è necessaria per digerire lo zucchero del latte o lattosio), farmacologiche (per esempio dovute ad ammine come l’istamina) o in alcuni casi il meccanismo può avere una causa non definita.
Intolleranze alimentari: cause
Le cause delle intolleranze alimentari non sono ancora del tutto note. Gli studi sul funzionamento dell’intestino e del microbiota sono uno dei rami più promettenti della ricerca medica, ma ad oggi ci sono solo ipotesi sul perché insorgano questo tipo di intolleranze. Queste ipotesi variano da predisposizione genetica e familiare, a infezioni intestinali, fino a problemi durante lo svezzamento.
Sappiamo per certo che dipendono da una difficoltà dell’organismo a metabolizzare un dato alimento o un suo componente. Alcuni ricercatori individuano le cause di queste difficoltà anche in fattori endogeni (per esempio lo stress) e ambientali, come l’inquinamento dell’aria e l’uso di pesticidi che finiscono nelle falde acquifere o permangono sulla frutta e la verdura. Tuttavia, il legame tra inquinamento ambientale e intolleranze alimentari non è ancora stato dimostrato con sufficienti prove.
Tra i fattori di rischio, una dieta ricca di cibi processati e l’abuso di alcuni cibi, che causano squilibri nell’alimentazione, sembrano poter avere effetti sui meccanismi di accumulo e infiammazione. Un esempio di questo è il consumo eccessivo di alcuni alimenti come formaggi, uova e latticini.
L’aiuto di un professionista della nutrizione, in questo caso, può essere un prezioso investimento sulla propria salute e benessere: riequilibrare il microbiota gastrointestinale attraverso una corretta alimentazione è il primo passo per avere un intestino funzionante e limitare l’insorgenza delle intolleranze alimentari, anche se spesso purtroppo non è sufficiente.
Intolleranze alimentari: sintomi
I sintomi delle intolleranze alimentari impiegano normalmente più tempo a svilupparsi, rispetto a quelli delle allergie. Come già visto, non coinvolgono il sistema immunitario e tendono a manifestarsi sotto forma di gonfiore addominale, diarrea e costipazione. Di solito sono meno definiti e più lievi, e richiedono una maggiore quantità di cibo scatenante per insorgere.
Le manifestazioni principali sono diarrea, dolori addominali, flatulenza, reazioni della pelle come macchie e acne, orticaria, problemi alle vie respiratorie, mal di testa, problemi digestivi, stanchezza cronica. Le diverse tipologie di intolleranze, inoltre, possono provocare sintomi diversi e specifici.
Dal momento che la sola sintomatologia non è sufficiente a produrre una diagnosi, è necessario che il parere medico sia supportato da esami specifici. Solitamente la diagnosi di intolleranza viene effettuata da un gastroenterologo: una visita con lo specialista, infatti, che permetterà un’anamnesi contestualizzata e indagherà la sintomatologia del paziente, prescrivere eventualmente gli accertamenti necessari per arrivare a una corretta diagnosi.
I sintomi gastrointestinali come quelli sopra citati, infatti, possono anche essere collegati a cattive abitudini e stili di vita non equilibrati. Per contro, le diete di privazione, se non supportate da parere medico, possono portare a carenze e squilibri alimentari.
Gli unici due test per le intolleranze attualmente supportati da evidenze scientifiche sono il breath test per la diagnosi di intolleranza al lattosio e per la celiachia i test sierologici (anticorpi antitranglutaminasi, antiendomisio, antigliadina deaminata) che ricercano nel sangue del paziente la presenza degli anticorpi specifici, con successiva conferma tramite esame istologico delle cellule duodenali. Questi esami possono essere effettuati in molti presidi del sistema sanitario nazionale.
Intolleranze alimentari: quali sono le più comuni
Gli alimenti più comunemente associati alle intolleranze alimentari sono il latte vaccino, il glutine, i solfiti, coloranti e conservanti alimentari, solfiti, caffeina e fruttosio.
L’intolleranza al lattosio è una delle più frequenti e rappresenta la condizione normale nel 75% della popolazione umana, ma è relativamente rara nelle popolazioni europee del nord. È un’ipersensibilità allo zucchero (lattosio) presente nel latte. Da non confondere con l’allergia al latte vaccino, che è una reazione alle proteine del latte. L’intolleranza al lattosio si verifica quando una persona produce una quantità insufficiente dell’enzima lattasi. La lattasi scompone il lattosio nei suoi zuccheri più semplici in modo che il corpo lo assorba attraverso la parete intestinale. La sua mancanza ha come conseguenza che il lattosio non viene assorbito correttamente. I batteri pertanto fermentano il lattosio non assorbito nell’intestino crasso, producendo gas che porta a dolori addominali, gonfiore e diarrea dopo l’ingestione di latticini.
La celiachia è invece una malattia autoimmune che colpisce soggetti geneticamente predisposti i quali, come conseguenza dell’assunzione di glutine, producono anticorpi che vanno a distruggere i villi intestinali. I pazienti celiaci, pertanto, sono obbligati a eliminare il glutine per tutta la vita evitando le contaminazioni, al fine di evitare gravi conseguenze.
L’intolleranza al glutine, invece, non è mediata dal sistema immunitario ed è un fenomeno di ipersensibilità. Si scatena, in un certo senso, un meccanismo di accumulo, per cui un eccesso di glutine genera l’insorgenza di sintomi come diarrea, gonfiore addominale, mal di pancia, crampi, perdita di peso. La diagnosi va sempre effettuata da un medico, che valuterà attentamente ogni sintomo sospetto.
[1] Food Allergy Information. Non-allergic food hypersensitivity (formerly food intolerance)